A Radici Chimica SpA gli attestati OEF e PEF.
Radici Chimica SpA, impianto chimico di RadiciGroup attivo nella produzione di poliammide 6.6 (Radipol®) e suoi intermedi (Radichem®), ha recentemente ottenuto - prima in Europa nel settore chimico - gli attestati di conformità 'Organisation Environmental Footprint' (OEF – rilasciato per l’intero stabilimento produttivo, in tutti i suoi aspetti) e 'Product Environmental Footprint' (PEF – rilasciato per: PA6.6 / HMDA / Acido Adipico / Acido Nitrico / MAB / Teste e code diammina / CO2 ), rilasciati da Certiquality.
Un passo importante per Radici Chimica e per il proprio piano di lavoro sul fronte della tutela e del rispetto dell’ambiente. Un risultato ottenuto dopo aver siglato, lo scorso luglio, un importante accordo con il Ministero dell’Ambiente italiano per sperimentare proprio l’applicazione della nuova metodologia di calcolo dell’impronta ambientale di prodotto (PEF) e di organizzazione (OEF) introdotta recentemente dalla Commissione Europea. Una metodologia di calcolo introdotta per fornire informazioni e misurazioni ambientali affidabili e confrontabili, nell’ottica di armonizzare i diversi metodi di misurazione oggi disponibili.
«Anche nell’ambito del nostro settore, quello della PA6.6 e suoi intermedi» - afferma Stefano Alini, Responsabile Sicurezza, Qualità e Ambiente di Radici Chimica SpA - «serve fare chiarezza sui fronti dei valori di impatto ambientale, delle metodologie di valutazione, delle etichette ambientali. Ottenere un’indicazione precisa dell’impatto ambientale delle attività di un’azienda è fondamentale. Così come fondamentale il poter avere uno strumento efficace e condiviso a livello europeo per comunicare le proprie performance ambientali. Per questo abbiamo deciso di sperimentare presso il nostro polo chimico l’applicazione di questa nuova metodologia di calcolo dell’impronta ambientale.»
«Partecipare a questa sperimentazione europea» - conclude Alini «significa per noi anche poter contribuire ad evidenziare punti di forza e debolezza della metodologia, quindi contribuire allo sviluppo di una direttiva europea che faccia tesoro delle esperienze pregresse, si pensi a EPD ed ECOLABEL, e che faccia da linea guida per tutti gli studi di impronta ambientale credibili e verificabili.»
La Product environmental Footprint… Con la Raccomandazione 2013/179/CE è stata ufficialmente introdotta nell’Unione Europea la Product Environmental Footprint. Si tratta di una metodologia che regolamenta il calcolo, la valutazione, la convalida di parte terza e la comunicazione a tutti gli stakheolder dell’impronta ambientale dei prodotti e dei servizi. L’approccio seguito dalla Commissione si basa su uno specifico principio: l’impatto di un prodotto va misurato considerando i diversi problemi ambientali su cui esso può incidere lungo tutto il suo ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime e delle risorse naturali che vengono impiegate nella fase produttiva, fino al termine della vita utile del prodotto. Il risultato a cui porta la metodologia è una serie di indicatori relativi alle principali categorie di impatto ambientale - emissioni di gas ad effetto serra, efficienza nell’uso delle risorse, impronta idrica … - che il produttore, dopo convalida effettuata da un soggetto terzo, è legittimato ad utilizzare liberamente a fini competitivi, in particolar modo nella comunicazione di marketing e nei confronti del mercato. La possibile valorizzazione delle impronte ambientali è ad ampio spettro. E la Commissione Europea? Sta puntando proprio su questo strumento quale leva principale per accrescere la quota dei prodotti verdi nel mercato unico, invitando le imprese a calcolare l’impronta dei propri prodotti, definendo un quadro di incentivi e “premi” per chi deciderà di raccogliere la sfida.
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«Anche nell’ambito del nostro settore, quello della PA6.6 e suoi intermedi» - afferma Stefano Alini, Responsabile Sicurezza, Qualità e Ambiente di Radici Chimica SpA - «serve fare chiarezza sui fronti dei valori di impatto ambientale, delle metodologie di valutazione, delle etichette ambientali. Ottenere un’indicazione precisa dell’impatto ambientale delle attività di un’azienda è fondamentale. Così come fondamentale il poter avere uno strumento efficace e condiviso a livello europeo per comunicare le proprie performance ambientali. Per questo abbiamo deciso di sperimentare presso il nostro polo chimico l’applicazione di questa nuova metodologia di calcolo dell’impronta ambientale.»
«Partecipare a questa sperimentazione europea» - conclude Alini «significa per noi anche poter contribuire ad evidenziare punti di forza e debolezza della metodologia, quindi contribuire allo sviluppo di una direttiva europea che faccia tesoro delle esperienze pregresse, si pensi a EPD ed ECOLABEL, e che faccia da linea guida per tutti gli studi di impronta ambientale credibili e verificabili.»
La Product environmental Footprint… Con la Raccomandazione 2013/179/CE è stata ufficialmente introdotta nell’Unione Europea la Product Environmental Footprint. Si tratta di una metodologia che regolamenta il calcolo, la valutazione, la convalida di parte terza e la comunicazione a tutti gli stakheolder dell’impronta ambientale dei prodotti e dei servizi. L’approccio seguito dalla Commissione si basa su uno specifico principio: l’impatto di un prodotto va misurato considerando i diversi problemi ambientali su cui esso può incidere lungo tutto il suo ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime e delle risorse naturali che vengono impiegate nella fase produttiva, fino al termine della vita utile del prodotto. Il risultato a cui porta la metodologia è una serie di indicatori relativi alle principali categorie di impatto ambientale - emissioni di gas ad effetto serra, efficienza nell’uso delle risorse, impronta idrica … - che il produttore, dopo convalida effettuata da un soggetto terzo, è legittimato ad utilizzare liberamente a fini competitivi, in particolar modo nella comunicazione di marketing e nei confronti del mercato. La possibile valorizzazione delle impronte ambientali è ad ampio spettro. E la Commissione Europea? Sta puntando proprio su questo strumento quale leva principale per accrescere la quota dei prodotti verdi nel mercato unico, invitando le imprese a calcolare l’impronta dei propri prodotti, definendo un quadro di incentivi e “premi” per chi deciderà di raccogliere la sfida.
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